Hortus Conclusus

L’ Hortus Conclusus è un’installazione artistica a cura di Domenico Palladino, esponente di spicco della Transavanguardia Italiana, realizzato nel 1992 in collaborazione con gli architetti Roberto Serino e Pasquale Palmieri e il lightning designer Filippo Cannata. Il nome Hortus Conclusus deriva dal Latino e identifica, nella sua accezione antica, un giardino chiuso e un luogo segreto e isolato dove gli asceti potevano avvicinarsi a Dio tramite la meditazione.

Per Paladino l’Hortus è luogo di conforto dall’eterna lotta che ogni uomo vive nel mondo concreto così come nella propria interiorità, alla ricerca della pace. E’ un invito a intraprendere un personale percorso della memoria che serva a rivalutare il passato e se stessi. Paladino mostra questo suo messaggio di pace dettato dall’armonia tra l’uomo e la natura usando elementi che si rifanno al mito e alla storia di Benevento.

L’Hortus Conclusus è circondato dalle mura del convento di San Domenico e da mura ispirate alle vere mura della città durante il periodo Longobardo, con mattoni e aggiunte disordinate di pietre e bronzi. La pavimentazione ricorda quella dei borghi antichi. Riguardo le opere, ci sono colonne capitelli e frontoni che enfatizzano il riferimento alla storia della città. Un elemento cardine è il verde che legittima il nome Hortus. Tra gli alberi troviamo rose, gigli e palme che simboleggiano il sangue divino, la purezza e la gloria.

Probabilmente l’opera più interessante rimane il Cavallo di bronzo, tema ricorrente per l’artista, posto in cima alle mura, che sembra sorvegliare L’Hortus da una parte e la parte bassa della città dall’altra. Il cavallo indossa una maschera d’oro cosi come Agamennone, che lo rende quasi divino e sembra evocare il mito del cavallo di Troia. Tradizionalmente il cavallo rappresentava anche il compagno dell’uomo nelle battaglie. Gli Elmi e lo Scudo rappresentano anch’essi un riferimento ai dettagli storici delle battaglie e della difesa della città. Il grande disco svolge una duplice funzione: utilizzato anche come fontana lascia sgorgare l’acqua che viene raccolta in un catino che sembra provenire direttamente dalla vita quotidiana dell’antichità. Tra le varie fontane emerge, con i suoi dettagli interessanti , una dalla forma umanoide con le braccia protese da cui spuntano delle piccole teste. Altre teste sono collocate sull’Ombrello capovolto e altre lasciate autonome. Degne di nota sono inoltre la Conchiglia e la Testa di bue che si rifanno alla storia della città.

La struttura è ora utilizzata per concerti, conferenze e rappresentazioni teatrali.

Nel 2005 il primo intervento di ristrutturazione fu attuato a causa dei segni di abbandono. In quell’occasione vi fu l’aggiunta di un chiosco ottagonale, installazione ad opera di Alessandro Mendini.

a cura di Chiara Maria Pontillo